
La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 377 del 5 gennaio 2024, afferma la non soggezione degli alloggi cc. dd. PEEP in diritto di superficie al vincolo di prezzo massimo di cessione di cui all’art. 35 co. 8. Legge n. 865/1971, ove la convenzione non indichi i criteri per l’individuazione di tale prezzo massimo di cessione.
Il caso oggetto dell’Ordinanza
Il caso riguarda quella particolare branca dell’edilizia residenziale pubblica denominata Edilizia convenzionata PEEP (Programmi di Edilizia Economica Popolare) avente a oggetto le aree concesse dai Comuni ai costruttori in diritto di Superficie, disciplinata dall’art. 35 co. 4 e segg. della legge n. 865/1971, il cui comma 8 impone l’indicazione nella convenzione concessoria dei criteri per la determinazione del prezzo massimo di cessione della proprietà superficiaria degli alloggi realizzati su tali aree, ove questa sia consentita.[1]
L’ordinanza, nel chiarire lo stato dell’arte in materia di circolazione di alloggi di edilizia convenzionata, ricorda l’attuale consolidato orientamento giurisprudenziale in tema di applicabilità dei vincoli di prezzo anche ai successivi acquirenti di tali alloggi, affermando che «Questa Corte ha precisato al riguardo che la clausola della convenzione di determinazione del prezzo di cessione, oltre a vincolare il richiedente la concessione, vincola anche i proprietari degli alloggi ed i successivi acquirenti, costituendo un onere di natura reale, che può estinguersi solo nei modi previsti dalla legge (Cass. S.U. n. 21348 del 2022; Cass. n. 26689 del 2020; Cass. n. 30951 del 2017; Cass. S.U. n. 18135 del 2015). Non v’è dubbio quindi che chi venda un alloggio edificato sulla base della suddetta convenzione abbia l’obbligo di cederlo al prezzo in essa indicato, e che, nel caso in cui il prezzo praticato sia superiore, la relativa clausola vada incontro a nullità, con conseguente applicazione al contratto, ai sensi dell’art. 1339 cod. civ., del prezzo imposto, determinato dalla convenzione, configurandosi essa come l’atto espressamente autorizzato dalla legge a dettare il contenuto della relativa clausola contrattuale».
Vengono citate le due sentenze delle Sezioni Unite della Cassazione (la n. 18135/2015 e la n. 21348/2022),[2] che hanno chiarito, ormai inequivocabilmente, che il prezzo massimo di cessione degli alloggi non riguarda solo le convenzioni PEEP in diritto di superficie, ma – nonostante la legge abrogatrice 17 febbraio 1992, n. 179 – anche le convenzioni in piena proprietà[3]
Quadro di sintesi
Alla luce della contorta evoluzione normativa in materia di edilizia convenzionata e in particolar modo di quella disciplinata dalla citata legge n. 865/1971, pare opportuno un breve quadro di sintesi in ordine al regime circolatorio degli alloggi assoggettati a tale disciplina.
1) Gli alloggi realizzati in data anteriore al 3 ottobre 1971, data di entrata in vigore della Legge 865/71, non sono assoggettati ad alcun vincolo previsto dalle successive normative.[4]
2) Gli alloggi realizzati in base a convenzione PEEP ex art. 35 della legge 865/1971 in diritto di superficie sono sempre stati e sono tuttora assoggettati ad un prezzo vincolato determinabile in base ai criteri indicati nella stessa convenzione e mai abrogato. È poi possibile, ma non obbligatorio, che la convenzione preveda altresì una inalienabilità assoluta degli alloggi (art. 35 co. 8 lett. e della legge n. 865/1971).[5]
3) Gli alloggi realizzati in base a convenzioni PEEP in piena proprietà ex art. 35 della legge n. 865/1971, erano originariamente assoggettati ad una serie di limiti alla circolazione,[6] poi abrogati, occorre dunque operare alcune distinzioni.
- In caso di convenzione stipulata prima del 15 marzo 1992, gli alloggi realizzati sulle aree cedute in proprietà in forza di tali convenzioni sono soggetti al solo limite del prezzo vincolato privo di limiti di durata.[7] Tale limite di prezzo, originariamente contenuto nell’art. 35 co. 16 legge n. 865/1971 abrogato dall’Art. 23 co. 2 della legge n. 179/92, è ritenuto dalla giurisprudenza tutt’oggi esistente in riferimento alle convenzioni stipulate prima dell’entrata in vigore della legge n. 179/92, anche se l’atto di alienazione dell’alloggio è successivo al 1992.[8]
- In caso di convenzione stipulata tra il 15 marzo 1992 ed il 31 dicembre 1996, gli alloggi realizzati sulle aree cedute in proprietà in forza di tali convenzioni non sono soggetti ad alcun limite legale.[9]
- In caso di convenzione stipulata dopo il 1° gennaio 1997, gli alloggi realizzati sulle aree cedute in proprietà in forza di tali convenzioni non sono assoggettati alla disciplina di cui all’Art. 35 della legge n. 865/71, bensì alla normativa dettata dalla legge Bucalossi (artt. 7 – 8 legge n. 10/1977, poi confluiti negli artt. 17 e 18 del d.P.R. n. 380/2001), che prevede solo un prezzo vincolato per una durata massima di 20 o 30 anni, a seconda del termine indicato nella convenzione. Il tutto, in forza di quanto previsto dall’art. 3 co. 63 della legge n. 662/1996.[10]
4) Gli alloggi realizzati direttamente in base a convenzione Bucalossi in piena proprietà ex artt. 17-18 d.P.R. n. 380 del 2001 (originariamente artt. 7 e 8 Legge n. 10 del 1977) sono soggetti al solo limite del prezzo vincolato determinabile in base ai criteri indicati nella stessa convenzione (analogamente a quanto previsto per le convenzioni PEEP in superficie e diversamente da quanto previsto per le convenzioni PEEP in proprietà) avente una durata massima di 20 o 30 anni, a seconda del termine indicato nella stessa convenzione.[11]
Le alienazioni in violazione del prezzo massimo di alloggi soggetti alla legge Bucalossi comporta la nullità parziale e testuale dell’atto (art. 18 ult. co. d.P.R. n. 380/2001), mentre le alienazioni in violazione del prezzo massimo di alloggi soggetti all’art. 35 della legge n. 865/1971 PEEP non è pacifico se comportino la nullità parziale del contratto (come previsto dall’abrogato art. 35 co. 20 legge n. 865/1971), con conseguente integrazione automatica dello stesso ex artt. 1419 co.2 e 1339 cod. civ., oppure l’inefficacia relativa per la parte di prezzo convenuta in eccedenza rispetto al prezzo vincolato.[12]
Le questioni giuridiche affrontate dall’ordinanza
Illustrato il contesto nel quale si inserisce l’ordinanza in commento, va evidenziato che essa prende posizione su quello che da sempre è stato ritenuto un aspetto controverso in ordine ai limiti legali previsti in ambito di edilizia convenzionata, ovvero se il mancato richiamo nelle convenzioni in diritto di superficie dei criteri per la determinazione del prezzo massimo di cessione possa rappresentare una “svista” irrilevante ai fini dell’operatività dello stesso limite, oppure se la previsione del limite costituisca un contenuto facoltativo della convenzione, con la conseguenza dell’inapplicabilità dello stesso limite in caso di mancata previsione dei criteri per determinarlo.
Distinguere se la il prezzo vincolato costituisca contento facoltativo oppure obbligatorio della convenzione non è agevole.
In primo luogo, secondo una lettura, l’art. 35 co. 8 della legge n. 865/1971, nel sancire che la convenzione deve prevedere i criteri per la determinazione del prezzo di cessione degli alloggi, «ove questa sia consentita», lascia intendere che così come è facoltativa la previsione della cedibilità degli alloggi, altrettanto facoltativa sarebbe la previsione di un prezzo vincolato per la cessione di tali alloggi, in mancanza della quale gli alloggi sarebbero liberamente cedibili.
Secondo altra lettura, la convenzione «deve prevedere» sempre i criteri per la determinazione del prezzo di cessione degli alloggi ogniqualvolta tali alloggi siano cedibili.
Sulla scorta di tale seconda lettura, si possono enucleare due ulteriori opzioni ermeneutiche. Secondo una prima opzione, si potrebbe sostenere che anche ove la convenzione omettesse di indicare i criteri per determinare il prezzo vincolato, detto vincolo sussisterebbe comunque, in quanto limite legale. Secondo altra opzione, in assenza dei criteri per determinare in concreto questo prezzo massimo di cessione, esso non potrebbe operare, proprio perché non determinabile.
La conclusione cui giunge l’ordinanza in commento è quella di escludere la possibilità di un’eterodeterminazione del prezzo vincolato e dunque l’indeterminabilità del prezzo massimo di cessione diviene elemento dirimente per valutare la stessa cogenza di tale limite.
La soluzione
L’ordinanza afferma che l’indicazione dei criteri per determinare il prezzo massimo di cessione di cui all’art. 35 co. 8 lett. e) della legge n. 865/1971 è «contenuto necessario della convenzione stipulata tra il comune ed il costruttore» con cui viene concesso il diritto di superficie, diversamente da quanto previsto per le medesime convenzioni in diritto di proprietà in cui il prezzo è eterodeterminato (nell’originaria formulazione dell’art. 35 co. 16 l. n. 865/1971 il prezzo degli alloggi derivanti da assegnazione di aree in piena proprietà veniva determinato dall’Ufficio tecnico erariale).
Viene dunque affermato l’importante principio di diritto secondo cui, in mancanza della determinazione all’interno della convenzione originaria dei criteri per la determinazione in concreto del prezzo massimo di cessione degli alloggi, «difetta quel dato di riferimento necessario a cui parametrare l’ammontare del prezzo praticato e la possibilità di sostituirlo attraverso il meccanismo di inserzione automatica previsto dall’art. 1339 cod. civ. Ne discende che il vincolo sul prezzo in capo al cedente presuppone che esso sia stato determinato, tramite l’indicazione dei relativi criteri di quantificazione, in sede di convenzione dal comune e che, in mancanza di determinazione al riguardo, non essendovi alcun prezzo imposto, detto vincolo non sia configurabile. Nè si ravvisano mezzi validi di sostituzione o integrazione. (omissis) Nè risulta adeguata l’opzione di una eterodeterminazione con riferimento a quanto pagato dal titolare dell’alloggio per la sua assegnazione, trattandosi di un valore stabilito dalle parti private e non imposto dall’Amministrazione concedente con l’atto a ciò espressamente autorizzato dalla legge, situazione che, di per se impedisce l’operativita’ del meccanismo di inserzione automatica previsto dall’art. 1339 cod. civ».
Possibili ulteriori risvolti dell’ordinanza
Alla luce del quadro di sintesi su illustrato, è evidente che la questione oggetto dell’ordinanza non può in alcun modo riguardare il limite di prezzo previsto per gli alloggi PEEP assegnati in piena proprietà, poiché per tali alloggi il prezzo viene stabilito dall’ufficio tecnico erariale e dunque, ove la convenzione non prevedesse in concreto il detto limite di prezzo, lo stesso potrebbe essere comunque determinato ex post.
Conseguentemente, il limite di prezzo relativo agli alloggi PEEP in piena proprietà è un limite legale che, anche se non previsto in concreto dalla convenzione, va ritenuto esistente in forza di legge.
Diversamente, le considerazioni della Corte si ritiene possano riguardare le convenzioni in piena proprietà cc.dd. Bucalossi (oggi artt. 17 e 18 del D.P.R. n. 380/2001) prive dei criteri per la determinazione del prezzo massimo di cessione. Infatti, anche per tali convenzioni, come per le convenzioni PEEP in superficie, è contenuto obbligatorio delle stesse l’indicazione dei criteri per la determinazione del prezzo massimo di cessione. Infatti, l’art. 18 del d.P.R. n. 380/2001 (che sostituisce il precedente art. 8 legge n. 10/1977) sancisce che «la regione approva una convenzione-tipo, con la quale sono stabiliti i criteri nonché i parametri, definiti con meccanismi tabellari per classi di comuni, ai quali debbono uniformarsi le convenzioni comunali nonché gli atti di obbligo in ordine essenzialmente a:(omissis) b) la determinazione dei prezzi di cessione degli alloggi».
Vi è dunque un’evidente specularità tra l’art. 35 co. 8 lett. e) della legge n. 865/1971 e l’art. 18 del D.P.R. n. 380/2001, che giustificherebbe l’estensione delle conclusioni cui giunge l’ordinanza della Cassazione in commento anche alle convenzioni Bucalossi.
Riferimenti giurisprudenziali e bibliografici
G.M. ANTONELLI, La circolazione degli immobili di edilizia residenziale pubblica, Bari, 2022, 148 e segg.; G. M. ANTONELLI, L’edilizia residenziale pubblica – schemi e soluzioni operative, Napoli, 2020; N. ASSINI – M. SOLINAS, Edilizia residenziale pubblica – in Enc Giur. Treccani, Vol XII, Roma 1989; BARONE, Edilizia residenziale pubblica, convenzionata e agevolata, in Limitazioni al potere di disporre, Milano 1981, 225; G. CASU G. VIGNERI, L’edilizia residenziale pubblica nell’attività notarile, Roma 1993, 125; CAPOBIANCO, L’integrazione, in Trattato del contratto diretto da V. Roppo, II Regolamento, Milano 2006, 389 e segg.; N. CENTOFANTI, Edilizia residenziale pubblica, Milano 1995; G. DE MATTEIS, La legge 176 febbraio 1992: una rivoluzione nell’edilizia residenziale pubblica agevolata e convenzionata, in Vita Notarile 1994 I, 450 e segg.; M. DI NICOLA, Formulario generale dell’edilizia, Ed. Maggioli 2014, 743 e segg.; V. DOMINICHELLI, Edilizia residenziale pubblica, in Digesto Pubbl. Vol. V, Torino 1990, 411 e segg.; V. M. MAUGERI, Dei contratti ingenerale a cura di Navarretta e Orestano I, Torino 2011, 520; e S.; PAGLIANTINI – G. D’AMICO, Nullità per abuso ed integrazione del contratto: saggi, Torino 2013, 207; G. RIZZI, La disciplina sull’edilizia residenziale convenzionata dopo il decreto sullo sviluppo 2011 – Studio n. 521, in CNN Notizie del 26 gennaio 2012; V. ROPPO, Il contratto, in Tratt. Dir. Priv. a cura di Iudica, Zatti, Milano,2011, 457 e segg.; S. SIDERI, L’edilizia convenzionata, Milano, 2018, 67 e segg; Cass. S.U. 6 luglio 2022, n. 21348, in Notariato Wolters Kluwer, 1/2023, 17 s.s.; Cass. n. 26689 del 2020 in CED Cassazione 2020; Cass. n. 30951 del 2017 in CED Cassazione 2017; Cass. S.U. n. 18135 del 2015 in Riv. Notar., 2015, 5, II, 1069; Cass.. 25320 del 2019, Rv. 655268-01; Cons. Stato, 18 ottobre 2013, n. 5069, in Codice dei contratti pubblici annotato con il regolamento e la prassi, Ed. Maggioli, 2014, 842; TAR Umbria 25 gennaio 2001 in Rass. giur. Enel, 2001; App. Genova 4 maggio 1946, FI, 1947, I 51, Commentario al codice civile a cura di P. Cendon – Art. 1379, Milano 2010, 478.
Note
[1] Art. 35 co. 8 legge n. 865/1971: «(omissis) La convenzione deve prevedere:(omissis) e) i criteri per la determinazione e la revisione periodica dei canoni di locazione, nonché per la determinazione del prezzo di cessione degli alloggi, ove questa sia consentita; (omissis)».
[2] Cass. SS.UU., 16 settembre 2015, n. 8135, in Riv. not., 2015, 5, II, 1069 e Cass. SS.UU. 6 luglio 2022 n. 21348, in CED Cassazione, 2022.
[3] Ampiamente sul punto, G. M. Antonelli, La circolazione degli immobili di edilizia residenziale pubblica”, in Collana Diritto del notariato diretta da P. Rescigno, E. Gabrielli, F. Gerbo, M. Forcella, G. terracciano, L. Colizzi, A. Uricchio, Bari, 2022, 110 e segg.
[4] Infatti, l’art. 36 della L. 865/71, prevede che: «Le disposizioni contenute nell’articolo precedente non si applicano alle aree che alla data di entrata in vigore della presente legge siano state acquisite, previa assegnazione, da enti pubblici o da cooperative o siano state cedute, anche in superficie, dal comune a privati, o per le quali, alla medesima data, sia intervenuta l’assegnazione e sia in corso il procedimento di espropriazione da parte di detti enti o cooperative. Gli atti del procedimento di espropriazione non definiti alla data di entrata in vigore della presente legge sono assoggettati alle norme contenute nel precedente titolo secondo».
[5] Cass. SS.UU., 16 settembre 2015, n. 8135 ,cit. afferma: «Ciò premesso, è però possibile delineare alcuni punti fermi per la soluzione della controversia: primo fra tutti la distinzione delle convenzioni per la cessione del diritto di superficie – quale quella pertinente alla controversia in esame – rispetto alle convenzioni per la cessione del diritto di proprietà piena. Tale diversità riguarda il regime di inalienabilità che, nel primo caso, non è previsto dalla Legge 22 ottobre 1971, n. 865, articolo 35, comma 8, (Programmi e coordinamento dell’edilizia residenziale pubblica; norme sulla espropriazione per pubblica utilità) quale contenuto necessario delle convenzioni: a differenza del successivo comma 15, che lo contemplava, in origine, per la cessione del diritto di proprietà».
[6] Tutti i limiti originariamente previsti dall’art. 35 commi 15-19 della legge n. 865/1971 sono stati abrogati dall’art. 23 legge n. 179/1992 per tutte le alienazioni stipulate dopo il 15 marzo 1992 (così il divieto di alienazione ex art. 35 co. 15-17 legge 865/71 ed il vincolo di cedibilità solo a determinati soggetti, o previo versamento di un corrispettivo al Comune ex art. 35 co. 16-18 L. 865/71).
[7] Cass. SS.UU. n. 18135/2015, cit. e Cass. SS.UU. 21348/2022, cit. definiscono tale limite di prezzo «onere reale» dotato di «naturale efficacia indefinita». Per l’ammissibilità di un termine finale, ma nel solo caso in cui questo sia testualmente indicato nella convenzione, G. M. Antonelli, op. cit., 125 e segg.
[8] Tale limite al prezzo vincolato di cessione per le convenzioni PEEP in piena proprietà è stato abrogato dall’art. 23 co. 2 legge 179/1992, tuttavia la costante giurisprudenza (Cass. SS.UU. n. 18135/2015 cit. e Cass. SS.UU. 6 luglio 2022 n. 21348 cit.) ha sancito che «il vincolo del prezzo non è affatto soppresso automaticamente» dalla legge n. 179/92, poiché il successivo D.L. n. 70/2011 (introducendo l’art. 31 co. 49 bis alla legge n. 448/1998) ha consentito la rimuovibilità dei vincoli di prezzo massimo di cessione contenuti nelle convenzioni PEEP in proprietà, vincoli che dunque non possono ritenersi abrogati.
[9] Per la giurisprudenza oramai consolidata (Cass. SS.UU. n. 18135/2015 cit. e Cass. SS.UU. n. 21348/2022 cit.) tali divieti di alienazione assoluti e relativi, originariamente previsti dall’art. 35 co. 15-17 della legge n. 865/1971, sono stati abrogati dall’art. 23 co. 2 della legge n. 179/1992 e tale effetto abrogativo si ritiene tuttora efficace in caso di alloggi edificati su suoli ceduto in proprietà con convenzione posteriore all’entrata in vigore della legge n. 179/1992.
[10] L’art. 3 co. 63 L. 662/96 stabilisce che il «tredicesimo comma (n.d.a. dell’art. 35 legge n. 865/1971) è sostituito dal seguente: “Contestualmente all’atto della cessione della proprietà dell’area, tra il comune, o il consorzio, e il cessionario, viene stipulata una convenzione per atto pubblico, con l’osservanza delle disposizioni di cui all’articolo 8, commi primo, quarto e quinto, della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (omissis)». Dunque tutte le convenzioni successive al primo gennaio 1997 sono assoggettate alla disciplina prevista legge Bucalossi (artt. 7 – 8 legge n. 10/1977, poi confluiti negli artt. 17 e 18 del d.P.R. n. 380/2001), pur restando convenzioni PEEP.
[11] Diversamente da quanto scritto per le convenzioni PEEP in piena proprietà, per le convenzioni Bucalossi, anche ove mancasse l’indicazione di un termine finale di durata, questa non potrà mai eccedere i 30 anni, stante la previsione di cui all’attuala art. 18 d.P.R. n. 380/2001.
[12] Sul tema, G- Casu – G. Vigneri L’edilizia residenziale pubblica nell’attività notarile, Roma, 1993, 140 e G. Casu, “L’edilizia residenziale pubblica – Studio n. 171-2008/C”, pubblicato nella rivista Studi e Materiali CNN, 3/2008, p. 993; G. Rizzi, “La disciplina sull’edilizia residenziale convenzionata dopo il decreto sullo sviluppo 2011” studio n. 521, pubblicato in CNN Notizie del 26 gennaio 2012 “; G. Rizzi, in “Le novità in materia di edilizia residenziale convenzionata”, in Federnotizie 15/1/2019; R. Ferrazza, “Edilizia convenzionata PEEP: spunti di riflessione sulla Legge 136/2018, in Federnotizie 17/4/2019” e cfr. anche S. Sideri, “La conferma e l’esecuzione volontaria del contratto nullo”, Roma, 2006; G.M. Antonelli, op. cit., 269 e segg.
