Una delle principali perplessità che la normativa in tema di agevolazioni fiscali cc.dd. “prima casa” genera negli utenti attiene allo spostamento della residenza nel Comune ove è ubicato l’immobile, con particolare riferimento alle ipotesi in cui l’immobile acquistato sia oggetto di lavori di ristrutturazione, o di locazione a terzi, che impediscano l’effettiva dimora all’interno dello stesso.
In proposito la legge n. 549 del 1995 impone, per fruire delle dette agevolazioni, che l’acquirente dichiari in atto: di avere la residenza, o di stabilirla entro 18 mesi dall’acquisto, nel territorio del comune ove è situato l’immobile da acquistare. Non è invece previsto, come chiarito dalla Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 192/E del 6 ottobre 2003, che l’unità immobiliare acquistata con le agevolazioni sia in concreto destinata ad abitazione dell’acquirente (requisito richiesto, invece, dalla normativa previgente), potendo l’unità immobiliare acquistata con le agevolazioni anche essere locata a terzi, purchè sia possibile per il contribuente avere la residenza anagrafica nel Comune ove la stessa è ubicata.
Cambio di residenza anagrafica
La disciplina fiscale fin qui esaminata va coordinata con la normativa vigente in tema di cambio di residenza anagrafica, per il caso in cui l’acquirente di un’unità immobiliare per cui sia stata invocata l’agevolazione prima casa non avendo già residenza nel Comune ove tale prima casa è ubicata, la debba spostare in quel Comune nei 18 mesi, per non decadere dall’agevolazione prima casa.
La normativa in tema di residenza anagrafica impone, a colui che chieda di stabilire in un determinato Comune la propria residenza, di indicare un immobile in cui stabilirvi effettivamente la propria abituale dimora.
Il problema per l’agevolazione prima casa sorge allora quando l’acquirente della prima casa abbia in quel Comune solo quella casa, ma non vi dimori al suo interno (ad esempio perchè è in corso una locazione a favore di terzi); in tal caso, infatti, se entro 18 mesi non sposta la residenza in quel Comune, decade dall’agevolazione prima casa.
Per tali motivi, pare quanto mai opportuno esaminare la disciplina in tema di accertamento del requisito della stabile dimora ai fini della residenza anagrafica.
L’iscrizione anagrafica per l’ottenimento della residenza in un Comune del territorio è regolata dall’art. 5 del D.l. 5/2012 convertito con legge n. 35/2012, che prevede la presentazione al Comune competente dalle dichiarazioni anagrafiche, per la loro registrazione da parte del l’ufficiale d’anagrafe nei due giorni successivi, fermo restando che gli effetti giuridici dell’iscrizione nei registri anagrafici già decorrono dalla data di presentazione dell’istanza (art. 5, c. 1, 3). Successivamente alla comunicazione, le autorità competenti, solitamente la Polizia Municipale, svolgono gli accertamenti su quanto dichiarato nei 45 giorni successivi alla data di presentazione delle dichiarazioni; decorso il periodo di accertamento dei 45 giorni suddetti, in assenza di comunicazioni da parte dell’Ufficiale di anagrafe, si applica il silenzio-assenso (art. 20 legge n. 241/1990).
Inoltre, la sussistenza del requisito della dimora abituale può essere verificato anche in assenza dell’interessato, previo l’accertamento dell’effettiva presenza nel tempo del soggetto nel luogo da lui dichiarato (a titolo esemplificativo dallo stato di utilizzo dell’immobile, dai consumi e relativa intestazione delle utenze, da informazioni raccolte dai vicini, dalle intestazioni di citofoni e simili), la Cassazione (sent. n.3841 del 5/02/2021) ha chiarito che <<La verifica della sussistenza del requisito della dimora abituale in capo a chi richiede l’iscrizione anagrafica in un comune, prevista dalla legge all’art. 19 d.P.R. n. 223/1989, deve avvenire, da parte degli organi a ciò preposti, con modalità concrete che, pur non previamente concordate, si concilino con l’esigenza di ogni cittadino di poter attendere quotidianamente alle proprie occupazioni, in virtù del principio di leale collaborazione tra soggetto pubblico e privato, con l’onere in capo al richiedente la residenza di indicare, fornendone adeguata motivazione, i periodi in cui sarà certa la sua assenza dalla propria abitazione, in modo tale da consentire al Comune di concentrare e programmare i propri controlli in quelli residui>>.
Infine, in caso di accertamenti negativi e/o di altre irregolarità, l’Ufficiale di Anagrafe, entro il termine di 45 giorni dalla presentazione dell’istanza, è tenuto ad inviare la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza ex art. 10-bis della legge 7/8/1990 n. 241. Nel caso in cui, nel termine di decadenza di 10 giorni, l’interessato abbia presentato le proprie controdeduzioni, si ritiene che il silenzio della P. A. assuma valore di accoglimento tacito delle osservazioni prospettate.
Dal confronto della normativa fiscale in tema di agevolazione prima casa e della normativa in tema di residenza anagrafica, può desumersi un dato empirico: che se si è spostata la residenza proprio nella prima casa appena acquistata, almeno per i primi 45 giorni dallo spostamento della residenza, tale casa dovrà anche essere adibita ad abituale dimora. Successivamente ai 45 giorni, la stessa potrà anche essere locata a terzi, senza decadere dall’agevolazione prima casa, fermo restando il rispetto della normativa in tema di residenza anagrafica.
Permanenza della residenza nel Comune ove è ubicata la prima casa
La Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 38/E del 12 agosto 2005, a pag. 19 e seguenti, fornisce un’ulteriore importante precisazione in ordine al tempo che il contribuente deve restare residente nel Comune ove ha acquistato la prima casa, per non perdere la relativa agevolazione fiscale.
Premesso che l’Agenzia delle Entrate ha 3 anni per accertare il rispetto del requisito della residenza nel Comune ove è ubicato l’immobile (come detto, non necessariamente all’interno dello specifico immobile acquistato), la data dalla quale decorre il triennio per l’esercizio dell’azione accertatrice non varia a seconda della dichiarazione resa nell’atto. Più precisamente, nei casi in cui l’acquirente dichiari che sposterà la residenza nel Comune ove è ubicato l’immobile entro 18 mesi, i 3 anni per l’accertamento dell’Erario non decorrano dallo scadere dei 18 mesi, ma dalla data dell’atto. In questo senso la Risposta a interpello n. 399 del primo agosto 2022, secondo cui <<Ciò posto, una volta che l’acquirente abbia soddisfatto la condizione di cui alla richiamata lettera a) della Nota II-bis secondo le modalità evidenziate nei citati documenti di prassi ed entro il termine di legge, lo spostamento successivo della residenza dal Comune in cui è situato l’immobile agevolato non comporta la decadenza dall’agevolazione in argomento e non è dovuto il pagamento di ulteriore imposta (cfr. Corte di Cassazione, sentenza del 15 luglio 2016, n. 14510)>>. Dunque, quanto affermato dalle Sezioni Unite della cassazione, con sent. 21 novembre 2000, n. 1196, ovvero che <<Se la decadenza fosse computabile dalla data della registrazione, o dalla data della richiesta della registrazione, anche nei casi di perdita del trattamento agevolato per eventi successivi… il termine triennale risulterebbe decurtato, od addirittura azzerato, quando il progetto del compratore legittimamente persista>>, può ritenersi applicabile, al più, solo alle ipotesi residuali di abuso del diritto.
