La circolazione di fabbricati sotto il profilo urbanistico ed edilizio

Le Sezioni Unite(sent. 8230/2019) con un’importantissima sentenza hanno esaminato la questione avente ad oggetto la validità degli atti dispositivi di fabbricati, con particolare riferimento alle menzioni urbanistiche per essi richieste dall’art. 40 legge 47/1985 e 46 D.P.R. 380/2001.

In particolare, il caso esaminato dalle Sezioni unite ha ad oggetto l’esecuzione, successiva alla costruzione iniziale, di importanti lavori di ristrutturazione, realizzati abusivamente, ed ha condotto ad escludere la rilevanza di tali abusi ai fini della validità dell’atto, nel quale era stato citato il titolo abilitativo iniziale.

1. Riferibilità del titolo al manufatto

L’importante sentenza delle Sezioni Unite citata (8230/2019), se da una parte ha limitato la necessità di dichiarazioni urbanistiche (ex art. 46 D.P.R. 380/2001) negli atti di trasferimento (e di divisione) dei fabbricati, limitandosi a richiedere l’indicazione del solo titolo principale, salvo quanto più approfonditamente si esaminerà, dall’altra ha esatto estremo rigore circa la riferibilità del titolo abilitativo cd. principale allo specifico manufatto. Quindi, da una parte, ha chiarito che “in costanza di una dichiarazione reale e riferibile all’immobile, il contratto sarà in conclusione valido…a prescindere dalla difformità della costruzione realizzata al titolo in essa menzionato”.1 Dall’altra, ha lasciato intendere che la totale difformità del titolo sia equiparabile alla fattispecie dell’assenza stessa del titolo abilitativo, con conseguente nullità del negozio dispositivo del manufatto.2

Risulta dunque evidente, come efficacemente sostenuto, che la riferibilità del titolo al manufatto, costituisce la chiave di volta per valutare la validità del negozio dispositivo. Ovviamente, il titolo urbanistico-edilizio, oltre che riferibile all’immobile, deve essere anche valido, non ritirato, né sospeso.3

L’unico presupposto indispensabile ai fini della valida riferibilità del titolo alla costruzione, è quello della riferibilità topografica: il titolo abilitativo deve, cioè, riferirsi a quella porzione di suolo (e di volume edificabile) su cui è stato realizzato l’edificio. Non può dirsi, invece, riferibile all’edificio realizzato sulla particella catastale n.300 il titolo abilitativo rilasciato per costruire la stessa sulla particella n. 400. Il tutto da intendersi, ovviamente, cum grano salis: è ovvio che eventuali sconfinamenti o differenze di ubicazione, che non investano volumi edilizi del tutto autonomi, non pregiudicano la riferibilità suddetta.4

Con riferimento alla riferibilità oggettiva, può esaminarsi il caso limite di un titolo abilitativo per la costruzione di un edificio condominiale con quattro appartamenti, cui segua la realizzazione abusiva anche di un quinto:

Hp1) il quinto appartamento può non essere affatto contemplato dal progetto (es., sopraelevazione abusiva) → in tale eventualità, non sembra dubbio che il titolo abilitativo non sia ad esso «riferibile», e che quindi l’indicazione in atto degli estremi del permesso rilasciato per la costruzione dell’edificio condominiale equivalga (per tale unità immobiliare) all’indicazione di un titolo inesistente, a cui consegue come già visto la nullità dell’atto.5

Hp2) il quinto appartamento non può ritenersi del tutto abusivo (perché almeno parzialmente rientrante all’interno delle superfici e dei volumi assentiti) → in tale ipotesi sono senz’altro applicabili le conclusioni delle Sezioni unite, e quindi è certamente sostenibile la validità dell’atto, senza che possa attribuirsi rilevanza alle «dimensioni» della difformità realizzata.6

2. Il titolo cd. secondario ed influenza sulla riferibilità del titolo principale

La riferibilità del titolo abilitativo al fabbricato deve essere esaminata in relazione a tutti quei mutamenti edilizi dell’immobile che comportino una modifica così rilevante da richiedere un nuovo titolo (definibile “secondario”).

All’uopo occorre distinguere:

1) Interventi di ristrutturazione eseguiti successivamente alla costruzione iniziale, richiedenti un titolo “secondario” essenziale, per i quali sia stato rilasciato un regolare titolo abilitativo → nel qual caso i relativi estremi del titolo “secondario” (per la ristrutturazione edilizia maggiore, secondo quanto sopra esaminato) devono essere indicati in atto, a pena di nullità,

2) Interventi di ristrutturazione, richiedenti un titolo “secondario” essenziale, eseguiti abusivamente → nel qual caso l’atto di trasferimento del manufatto è valido nella misura in cui citi il solo titolo abilitativo “principale”. Sembrerebbe, questa, una vistosa contraddizione, che però non è realmente tale, solo che si entri nella logica dell’interpretazione delle Sezioni unite: il sistema della legge— a tutela della sicurezza dei traffici giuridici—è imperniato sull’obbligatoria indicazione in atto degli estremi dei titoli abilitativi, nei casi e nei termini testualmente previsti (tra cui rientrano anche quelli di cui al comma 5-bis dell’art. 46 del t.u., e quindi in tali casi l’alienante è obbligato a indicare, a pena di nullità, gli estremi di tutti i titoli abitativi esistenti. Trattandosi, invece, di ristrutturazione abusiva, in assenza cioè di titolo edilizio, trovano applicazione — a contrasto dell’abusivismo — unicamente le sanzioni amministrative e penali, in mancanza di una disposizione che «testualmente» commini in tale ipotesi la nullità dell’atto.7

3) In caso di domanda di condono per opere richiedenti un titolo “secondario” essenziale, → è stato sostenuto8 che in tali casi, negli atti notarili traslativi o divisionali, in conformità all’art. 2 comma 58 legge 662/1996, dovranno essere citati a pena di nullità, solo in caso di assenza del titolo edilizio “primario” o di totale difformità da esso: a) gli estremi della domanda di sanatoria (della quale non è invece necessaria l’allegazione); b) gli estremi del versamento dell’intera oblazione e dell’intera anticipazione dei contributi concessori ; c) l’attestazione dell’avvenuta richiesta all’Autorità competente dell’espressione del parere in caso di fabbricati assoggettati ai vincoli, purché non preclusivi .9

Per esaminare quando il titolo “secondario” possa considerarsi essenziale, bisogna esaminare i concetti di manutenzione straordinaria, ristrutturazione edilizia cd. pesante (o maggiore) e leggera (o minore).

2.1. Manutenzione straordinaria

L’art. 3,c.1, lett. b, del T.U. DPR 380/2001, così definisce gli interventi di straordinaria manutenzione: <<…le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni d’uso purche’ con tali elementi compatibili, nonche’ conformi a quelle previste dallo strumento urbanistico generale e dai relativi piani attuativi…>>.

A) se si tratta di interventi NON strutturali, che non comportino aumento del numero delle unità immobiliari e non implichino incremento dei parametri urbanistici (compresa l’apertura di porte interne o lo spostamento di pareti interne) → sono interventi liberi per i quali non è richiesto un titolo abilitativo (è peraltro necessaria la previa comunicazione inizio lavori accompagnata da una relazione tecnica a firma di tecnico abilitato ex art. 6, c. 2 e c. 3 T.U. )

B) se si tratta di interventi strutturali → necessita la S.C.I.A (art. 22, c.1. T.U. DPR 380/2001), salva la facoltà di richiedere il permesso di costruire (art. 22,c.7.TU)

In tutti i casi, la menzione negli atti traslativi o divisionali è facoltativa (per la storia urbanistico edilizia dell’edificio) e comunque la sua mancanza non incide mai sulla validità dell’atto.

2.2. Ristrutturazione edilizia

L’art. 3, c.1, lett. d, del T.U. DPR380/2001, così definisce gli interventi di “ristrutturazione edilizia”: <<… gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante uninsieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o inparte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione dialcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento dinuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativaantisismica, nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne lapreesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti avincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettatala medesima sagoma dell’edificio preesistente>>.

2.2.1. Ristrutturazione cd. maggiore (o pesante)

L’art. 10 co. 1 lett. c) D.P.R. 380/2001 così definisce gli interventi di ristrutturazione cd. maggiore: <<gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, nei casi in cui comportino anche modifiche della volumetria complessiva degli edifici ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonche’ gli interventi che comportino modificazioni della sagoma o della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti di immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42>>.

Trattasi di interventi soggetti a PERMESSO DI COSTRUIRE ( Art. 10,c.1,, lett. c, T.U.); è però prevista in alternativa al permesso di costruire la possibilità di avvalersi della Scia alternativa a permesso di costruire (art 22,c. 3, lett.a T.U.). La mancata menzione negli atti traslativi o divisionali del titolo abilitativo (relativo alla ristrutturazione) ne determina la nullità (arg. art. 46, c 5bis,T.U.), secondo quanto scritto sopra.

Si ritiene che, per aversi ristrutturazione cd. maggiore, unitamente alle variazioni di unità, volume, sagoma, etc., debba concorrere, cumulativamente, il requisito della determinazione di un “organismo in tutto o in parte diverso”, per il che si ritiene che occorra guardare agli artt. 31 e 32 TU, secondo cui: <<Art. 31 co.1. Sono interventi eseguiti in totale difformita’ dal permesso di costruire quelli che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l’esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile….. Art. 32 co. 1. Fermo restando quanto disposto dal comma 1 dell’articolo 31, le regioni stabiliscono quali siano le variazioni essenziali al progetto approvato, tenuto conto che l’essenzialita’ ricorre esclusivamente quando si verifica una o piu’ delle seguenti condizioni: a) mutamento della destinazione d’uso che implichi variazione degli standards previsti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968; b) aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato; c) modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della localizzazione dell’edificio sull’area di pertinenza; d) mutamento delle caratteristiche dell’intervento edilizio assentito; e) violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando non attenga a fatti procedurali. co. 2. Non possono ritenersi comunque variazioni essenziali quelle che incidono sulla entita’ delle cubature accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione interna delle singole unita’ abitative….>>.

Dunque NON possono annoverarsi tra le ristrutturazioni maggiori le variazioni di “cubature accessorie” (art. 32 co.2), i “volumi edilizi” che non siano “autonomamente utilizzabili” (31 co. 1)e gli interventi che non comportino un “aumento consistente della cubatura o della superficie” (32 co. 1 lett. b).10 Di converso, si ritiene ristrutturazione cd. leggera la realizzazione di opere che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente ma che non comportino: (1) aumento della volumetria complessiva degli edifici; (2) modifiche dei prospetti degli edifici; (3) cambio di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante nel centro storico; (4) modifiche della sagoma di edifici vincolati (culturalmente o paesaggisticamente).11

Casi particolari:

Tettoia che difetti dei requisiti di pertinenzialità o dei requisiti previsti per gli interventi precari —> richiede il permesso di costruire (in questo senso, Cons. Stato 8 gennaio 2018 n.72 sez. IV). Tuttavia, la realizzazione di una tettoia su un terrazzo che non determini la creazione di un nuovo bene immobile, non essendo stato creato un bene separato dal resto dell’appartamento → si ritiene dia luogo ad un abuso secondario, che non incide sulla commercializzazione del bene(G. Casu, Risposta a quesito CNN 123/2006)

Trasformazione di una superficie non abitabile (quale un garage) in superficie abitabile, con esecuzione di lavori edili -> non può prescindere dal rilascio di un nuovo permesso di costruire (TAR Lazio sentenza 9 febbraio 2018, n.1600 sez. II bis)

2.2.2. Ristrutturazione cd. minore (o leggera)

Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia ex art. 3 co. 1 lett. D D.P.R. 380/2001, ma al di fuori degli interventi di cd. ristrutturazione maggiore ex art. 10 co. 1 lett. C, si collocano gli interventi di cd. ristrutturazione edilizia minore → Trattasi di Interventi soggetti a S.C.I.A (art.22, c.1. T.U. DPR380/2001), salva la facoltà di richiedere il permesso di costruire (ex art. 22, c.7.TU). La menzione negli atti traslativi o divisionali è facoltativa (per la storia urbanistico edilizia dell’edificio) e comunque la sua mancanza non incide mai sulla validità dell’atto.

Si sogliono ricomprendere in questa categoria di ristrutturazione edilizia minore:12

1. il mutamento di destinazione d’uso solo funzionale (non accompagnato da opere) che implichi variazione degli standards di cui al D.M. 2 aprile 1968

2. il frazionamento di quella che in progetto era un’unica unità in due o più unità ( con l’esecuzione di opere minime, esclusivamente “interne”,per ottenere la fisica separazione )

3. l’accorpamento di quelle che in progetto erano due o più unità in un’unica unità ( con l’esecuzione di opere minime, esclusivamente”interne”, per ottenere la fusione fra le unità)

4. semplici modifiche prospettiche (ad esempio apertura o chiusura di una o più finestre, di una o più porte)

5. l’intervento volto a realizzare l’ampliamento o la sopraelevazione di un edificio o di un’unità, all’interno della sagoma esistente, sempreché non porti alla realizzazione di un’unità funzionalmente autonoma (nel qual caso si rientrerebbe nella tipologia della “nuova costruzione” ex art. 3primo comma lett. e.1 T.U.) e che, comunque, non consegua ad un insieme sistematico di opere riguardanti l’intero manufatto

6. L ‘intervento volto a realizzare un manufatto pertinenziale a servizio di un edificio principale, con volume non superiore al 20% del volume dell’edificio principale, e che non potrebbe essere utilizzato autonomamente o comunque separatamente dall’edificio principale (ad esempio una autorimessa esterna a servizio di un fabbricato esistente senza possibilità di accesso autonomo se non attraverso l’immobile principale)

In sintesi, la difformità edilizia non rileva, agli effetti della validità dell’atto, quando non dà luogo alla creazione di una unità immobiliare autonoma, ossia di un volume edilizio indipendente da quelli regolarmente assentiti, e suscettibile perciò di separata utilizzazione; determina invece la nullità dell’atto quando comporta la nascita di una siffatta autonoma unità immobiliare. 13

2.2.3. Data della ristrutturazione maggiore

E’ fondamentale chiarire che l’obbligo di autorizzare gli interventi di ristrutturazione edilizia cd. pesante o maggiore (e quindi di citare il relativo titolo autorizzativo negli atti negoziali) riguarda solo quelle opere poste in essere dopo il 5 febbraio 2003, data di entrata in vigore dell’art. 10 co. 1 lett. c D.P.R. 380/2001, che ha previsto l’obbligo di autorizzazione dei suddetti interventi. Conseguentemente, qualsiasi intervento realizzato anteriormente a tale data non richiede la menzione del titolo al fine della validità dell’atto traslativo o divisionale.14

3. Veridicità delle dichiarazioni

Occorre precisare che la citata sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione (n.8230 del 22 marzo 2019), chiarisce che in presenza nell’atto della dichiarazione dell’alienante o dei condividenti degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all’immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della effettiva conformità della costruzione realizzata al titolo edilizio menzionato, essendo dunque la sola menzione l’elemento determinante ai fini della validità dell’atto.15 Alla luce di tale principio, pare opportuno verificare fin dove si possa ritenere necessario per il notaio indagare la veridicità della dichiarazione urbanistica, assodato che la sua verifica è meramente formale della dichiarazione resa dalla parte. Ebbene si ritiene sufficiente indagare che la dichiarazione della parte risulti non contraddittoria.16

Casi particolari:

– E’ stato, del tutto condivisibilmente, affermato che in caso di planimetrie depositate in catasto prima degli interventi modificativi, vi sarebbe una “presunzione” di incoerenza tra dette planimetrie e situazione di fatto.17 Diversamente, dovrebbe ritenersi che le planimetrie, pur conformi allo stato di fatto, sarebbero assieme allo stato di fatto, non conformi al titolo edilzia, con conseguente necessità di verificare la natura della difformità, per valutare la necessità o meno della menzione di un titolo “secondario” per la ristrutturazione.

– Analogamente, dovrebbe ritenersi che uguale indice di sospettano costituiscano le risultanze catastali storiche.

– Alle stesse conclusioni si ritiene di doversi giungere in presenza di una dichiarazione di costruzione iniziata in data anteriore al primo settembre 1967 allorquando la provenienza dell’acquisto dell’area fosse successiva a tale data.18

4. Valutazione della idoneità del titolo

A completamento delle osservazioni fin qui condotte, occorre precisare che il notaio non sia tenuto, né abbia gli strumenti per valutare l’idoneità di un titolo abilitativo ad assentire legittimamente un manufatto, ma che abbia l’onere di informare le parti nel caso in cui sia a conoscenza di irregolarità. Eppure, anche in caso di titolo edilizio la cui menzione è necessaria ai fini della validità dell’atto, e di conoscenza da parte del notaio di irregolarità nel procedimento, egli si ritiene non possa rifiutarsi di ricevere l’atto (in ossequi al dettato dell’art. 27 l.Not), atteso un principio di presunta legittimità dell’atto e dell’attività amministrativa sino alla sua finale e formale caducazione. Non compete infatti al Notaio il potere di disapplicare un provvedimento. L’unico limite alla circolazione del manufatto deriverebbe allora dal formale annullamento, o ritiro del provvedimento, o dalla sua sospensione in via di autotutela, sia che la caducazione del provvedimento derivi direttamente dalla P.A. Sia che sia avvenuta in sede giurisdizionale.19

Casi particolari:

– Nel caso di decadenza del titolo ex art. 15 TU è stato affermato, del tutto condivisibilmente, che solo se la decadenza fosse accertata potrebbe disapplicarsi il provvedimento, ma non in assenza di una formale dichiarazione di decadenza.20

– Il titolo emanato ma non rilasciato si ritiene già utilizzabile ai fini della dichiarazione ex art. 46TU21

5. Contenuto della menzione urbanistica

Vanno indicati per la nuova SCIA : (i) estremi della segnalazione (ii) estremi della relazione dettagliata dell’esperto che assevera la conformità dell’opera agli strumenti urbanistici approvati e/o adottati, ai regolamenti edilizi vigenti ed il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie; (iii) dichiarazione di parte che il Comune non ha dato risposta nei tempi previsti. Riteniamo, nel caso di specie, sia sufficiente, per la validità dell’atto, indicare i soli estremi (data di presentazione e numero di protocollo se attribuito) della S.C.I.A. presentata allo Sportello Unico per l’Edilizia del Comune (se presentata mediante raccomandata A.R. andranno riportati gli estremi della raccomandata ed anche la data di ricezione da parte del S.U.E.; se presentata mediante procedura telematica, dovranno essere riportati gli estremi della ricevuta informatica).22 Le stesse osservazioni si ritengono valide per gli altri titoli abilitativi (permessi, concessioni, licenze), per i quali, dunque occorrerà menzionare quantomeno Comune rilasciante, numero di protocollo e data, ma si potrebbe ritenere sufficiente anche la sola data, in caso di irreperibilità del protocollo,23 oppure l’indicazione del solo anno (oltre al protocollo) in caso di mancanza della data completa. Più articolati gli elementi da indicare in caso di domanda di condono non ancora rilasciato, per il quale si veda quanto scritto in seguito.

6. Domande di condono

Occorre premettere che, anche per gli abusi oggetto di domanda di condono, bisogna accertare, di volta in volta, il tipo e la gravità dell’abuso e solo in presenza di un abuso “maggiore” (assenza di titolo edilizio abilitativo o totale difformità) si avrà l’incommerciabilità del bene; così dispone lo stesso art. 2 comma 58 legge 662/1996, che fa espresso riferimento ai soli atti aventi per oggetto fabbricati costruiti senza concessione edilizia (fattispecie alla quale è equiparata quella della totale difformità).24 Tanto premesso, in presenza di una domanda di condono non ancora definita con il rilascio del permesso in sanatoria, ai fini della validità dell’atto dispositivo del fabbricato oggetto di procedura di condono, dovrà rispettarsi il contenuto previsto dall’art. 2 co. 58 della legge 662/1996, secondo cui: << Gli atti di cui al secondo comma dell’articolo 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, aventi per oggetto fabbricati o porzioni di fabbricati costruiti senza concessione edilizia sono nulli e non possono essere rogati se da essi non risultino gli estremi della domanda di condono con gli estremi del versamento, in una o piu’ rate, dell’intera somma dovuta a titolo di oblazione e di contributo concessorio nonche’, per i fabbricati assoggettati ai vincoli di cui all’articolo 32, terzo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, introdotto dal comma 44 del presente articolo, l’attestazione dell’avvenuta richiesta alle autorita’ competenti dell’espressione del parere di cui alla citata disposizione. Verificatosi il silenzio assenso disciplinato dall’articolo 39, comma 4, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, nei predetti atti devono essere indicati, a pena di nullita’, i seguenti elementi costitutivi dello stesso: data della domanda, estremi del versamento di tutte le somme dovute, dichiarazione dell’autorita’ preposta alla tutela dei vincoli nei casi di cui al periodo precedente, dichiarazione di parte che il comune non ha provveduto ad emettere provvedimento di sanatoria nei termini stabiliti nell’articolo 39, comma 4, della citata legge n. 724 del 1994. Nei successivi atti negoziali e’ consentito fare riferimento agli estremi di un precedente atto pubblico che riporti i dati sopracitati. Le norme del presente comma concernenti il contributo concessorio non trovano applicazione per le domande di sanatoria presentate entro il 30 giugno 1987>>.

Occorrerà dunque indicare: 1) gli estremi della domanda di condono, 2) gli estremi del versamento dell’intera somma dovuta a titolo di oblazione, 3) gli estremi del versamento dell’intera somma dovuta a titolo di contributo concessorio, 4) per i fabbricati assoggettati ai vincoli di cui all’articolo 32, terzo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, l’attestazione dell’avvenuta richiesta alle autorita’ competenti dell’espressione del parere di cui alla citata disposizione, 5) dichiarazione di parte che il comune non ha provveduto ad emettere provvedimento di sanatoria nei termini stabiliti nell’articolo 39, comma 4, della citata legge n. 724 del 1994, per i soli secondo e terzo condono e solo dopo il rilascio del parere sui vincoli.

Il contenuto della Legge 662/1996 si ritiene applicabile anche al primo condono, sebbene entrata in vigore successivamente, in quanto norma a regime.25

Quanto ad oblazione e contributo concessorio va precisato:26 1) che gli stessi sono autoliquidati dalle parti;27 2) che fino al loro versamento, così come autoliquidato, non si può stipulare l’atto negoziale di trasferimento (per i contributi concessori è sufficiente il versamento dell’anticipazione); 3) che i termini dell’oblazione si ritengono tassativi per il solo terzo condono; 4) che i termini per i contributi concessori non sono mai rigorosi; 5) che gli oneri concessori non sono sempre dovuti (come nel caso di esclusione per le opere in zone agricole, per ristrutturazioni e ampliamenti di edifici unifamiliari e per opere pubbliche di interesse generale)28 e che comunque sono irrilevanti, ai fini della conclusione del procedimento per il primo condono;

Quanto ai termini di realizzazione degli abusi e della presentazione delle domande di condono: 1) primo condono: data abuso fino all’1/10/1983, data domanda fino al 30/6/1987; 2) secondo condono: data abuso fino al 31/12/1993, data domanda fino al 3/3/1995; 3) terzo condono: data abuso fino al 31/03/2003, data domanda fino al 7/7/2004 e dall’11/112004 al 10/12/2004.

Quanto ai vincoli, essi si ritengono solo quelli previsti dall’art. 32 legge 47/1985 nella sua originaria formulazione, anche per il terzo condono e sebbene il Dl. 269/2003 abbia aggiunto ulteriori vincoli (ad esempio in tema di salute, sismici ed autostradali); sono dunque vincoli rilevanti:29 1) il vincolo culturale ex legge 1° giugno 1939, n. 1089 (legge successivamente abrogata dal decreto legislativo 490/1999 a sua volta abrogato dal decreto legislativo 42/2004 – Codice dei beni culturali e del paesaggio, attualmente in vigore); 2) i vincoli ambientali ex legge 29 giugno 1939, n. 1497 ed ex decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431 (leggi successivamente abrogate dal decreto legislativo 490/1999 a sua volta abrogato dal decreto legislativo 42/2004 – Codice dei beni culturali e del paesaggio, attualmente in vigore); 3) i vincoli imposti da leggi statali e regionali, e dagli strumenti urbanistici, a tutela di interessi idrogeologici e delle falde idriche nonché, 4) i vincoli imposti da leggi statali e regionali, e dagli strumenti urbanistici, a tutela dei parchi nazionali e regionali qualora istituiti prima dell’abuso.

Il vincolo deve preesistere all’abuso per essere rilevante (ma non è così, ad esempio, per la Regione Lazio che ha legiferato sul punto);

Il vincolo si ritiene vada richiesto per il tramite del Comune, ma non si può escludere la facoltà per l’interessato di richiedere direttamente all’Autorità preposta alla tutela del vincolo il rilascio del parere30

Il mancato parere nei 180 giorni si ritiene silenzio rifiuto e può essere ripresentato, con possibilità di stipulare nelle more della risposta, ritenendosi possibile presentare una nuova richiesta senza limiti, purchè non sia dato parere negativo.31

Resta fermo che è possibile, alternativamente a tali indicazioni, citare gli estremi di un atto pubblico precedente, contenente i detti dati.

6.1. Obblighi di controllo del notaio in tema di condoni

Il Notaio non si ritiene in alcun modo tenuto a verificare la corretta impostazione di una domanda di condono, né l’esatto calcolo delle somme da autoliquidare a titolo di oblazione o di anticipazione del contributo concessorio, e ciò per il semplice motivo che la legge non richiede un simile controllo e che comunque il Notaio non sarebbe in grado di effettuarlo, non possedendo le necessarie competenze tecniche.

In tema di vincoli, il controllo cui è chiamato il Notaio sarà un controllo di carattere esclusivamente formale: il Notaio dovrà cioè verificare, sotto un profilo formale/documentale, che la dichiarazione resa dalla parte non sia in contraddizione con altri elementi risultanti dai documenti che siano stati comunque acquisiti dal Notaio per la redazione dell’atto; così, ad esempio, il Notaio non potrà ricevere l’atto, nonostante la dichiarazione resa dall’interessato di aver presentato nei termini una valida istanza di sanatoria qualora: a) la data di presentazione della domanda di sanatoria (dichiarata dalla parte o risultante dalla documentazione eventualmente acquisita dal Notaio) non risulti nei termini di legge; b) non vi sia corrispondenza tra la somma indicata nei prospetti di autoliquidazione riportati nella domanda di sanatoria, che sia stata eventualmente acquisita dal Notaio, e gli importi effettivamente versati a titolo di oblazione e di anticipazione del contributo concessorio.32

1SS.UU 8230/2019

2In questo senso G. Trapani, op. Cit.,p. 46.

3G. Trapani, op. Cit., p. 53

4G. Petrelli, p. 13 e segg. Conforme MENGOLI Compravendita immobiliare e normativa urbanistica, cit. p.196, secondo cui l’edificazione del manufatto su un lotto o un sedime diverso o del tutto diverso, pur riferito ad un progetto fedelmente realizzato, genera estraneità del fabbricato rispetto al titolo edilizio, ancorché appartenenti al medesimo proprietario.

5G. Petrelli, op. Cit., p. 685, secondo cui <<La situazione non cambia in relazione alla circo- stanza che la realizzazione del suddetto appartamento abusivo abbia avuto luogo contestualmente, o successivamente alla realizzazione delle parti regolari dell’edificio>>.

La situazione non cambia neanche << nel caso in cui tali unità siano commercializzate separatamente, sia che siano alienate unitamente alle unità regolarmente assentite>>.

6G. Petrelli, op. Cit., p. 685. Conforme MAGLIULO Le menzioni urbanistiche negli atti traslativi: quale nullità?, cit., p. 283-284 secondo il quale non sono considerati interventi di nuova costruzione gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, non qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume non superiore al 20% del volume dell’edificio principale. Tali manufatti pertinenziali, non costituendo un intervento di nuova costruzione in senso tecnico, possono ritenersi eseguiti in difformità dal titolo edilizio della costruzione principale e, dunque, ancorché abusivi, possono essere validamente alienati mediante l’indicazione in atto del titolo edilizio relativo al fabbricato principale e salva l’applicazione delle sanzioni amministrative.”

7In questi termini G.Petrelli, “Natura e disciplina della nullità urbanistica dopo le sezioni unite”, Riv. Del notariato, 4,2019, p. 683 e segg.

In senso conforme, G.,Trapani, op. cit., p. 56 afferma che <<non può costituire oggetto di un atto traslativo o di scioglimento di una comunione un immobile per il quale – pur nel rispetto della veridicità della concessione iniziale e della sua riferibilità iniziale al bene – in concreto siano state in prosieguo di tempo effettuati interventi edilizi e urbanistici tali che – ove fossero stati legittimi sin dall’inizio dell’edificazione – avrebbero imposto un obbligo di menzione, anche a norma del ricordato comma 5 bis dell’art.46 TUE>>

8G. Trapani, op. Cit., p. 33 ed in tal senso, semrerebbe anche il Ministero dei Lavori Pubblici con propria circolare 17 giugno 1995 n. 224, secondo cui “occorre innanzitutto ribadire che l’eventuale nullità degli atti di trasferimento è circoscritta soltanto agli immobili eseguiti in assenza di concessione o in totale difformità di essa …. mentre non sono oggetto ad alcun limite alla commerciabilità gli abusi di minore gravità che restano assoggettati alle sanzioni di tipo amministrativo o penale”.

9G. Trapani, op. Cit., p34, precis altresì che devono essere citate le sole domande di condono e le domande di sanatoria a regime presentate successivamente alla data del 5 febbraio 2003, in cui entra in vigore l’art. 10 co. 1 ltt. C del TU, e dunque, con riferimento aicondoni, dovranno dunque essere citati solo i terzi condoni ex D.L. 269 del 2003.

10In senso contrario tuttavia, Cass 52/2010 ha ritenuto che la veranda comportasse incommerciabilità, poichè modificativa della sagoma e del volume.

11G. Trapani, Studio CNN 84/2018, approvato 26 giugno 2020, p. 28

12G. Rizzi Studio 893/2013, p. 63

13G. Petrelli, op. Cit., p. 685

14G. Trapani, op. Cit., p. 29

15G. Trapani, op. Cit., p. 36

16G. Trapani, op. Cit., p. 65 e segg.

17G. Rizzi, “La disciplina dell’attività edilizia anno 2017, cit.; G. Trapani, op. Cit., p. 38

18G. trapani, op. Cit., p. 65

19G. Trapani, op. Cit., p. 42 e 53

20Mengoli, “Comprvendita immobiliare e normativa urbanistica”, p. 198 e sgeg. G. Trapani, op. Cit., p. 54

21Pagliari “Corso di diritto urbanistico”, p. 746, G. Trapani, op. Cit., p. 55

22 G.Rizzi La disciplina dell’attività edilizia 2017 in Banca Dati del Consiglio Nazionale del Notariato, G. Trapani, op. cit., p. 32

23G. Trapani, op. Cit., p. 19, scondo cui <<Va ricordato che non costituisce ostacolo per la circolazione che sulla licenza sia assente l’indicazione di un numero di protocollo. Soprattutto nei piccoli centri, infatti, l’esiguo numero di provvedimenti autorizzativi non richiedeva elementi di identificazione ulteriori rispetto alla data di rilascio; talora per maggiore precisione potrà indicarsi il dato del verbale della Commissione edilizia>>.

24in questo senso si è, pure, pronunciato anche il Ministero dei Lavori Pubblici con propria circolare 17 giugno 1995 n. 2241 (Capitolo 9 – paragrafo 9.1) ove si afferma che ” occorre innanzitutto ribadire che l’eventuale nullità degli atti di trasferimento è circoscritta soltanto agli immobili eseguiti in assenza di concessione o in totale difformità di essa ….. mentre non sono oggetto ad alcun limite alla commerciabilità gli abusi di minore gravità che restano assoggettati alle sanzioni di tipo amministrativo o penale”

25G. Casu, “L’urbanstica nell’attività notarile”, p. 55 e segg.

26G. Casu “L’urbanstica nell’attività notarile”, p. 50 e segg.

27G. Rizzi, STUDIO DEL C.N.N. Numero 5533 del 22 Gennaio 2005, secondo cui <<Infine, eventuali errori di impostazione della domanda ed eventuali errori nel calcolo dell’oblazione o dell’anticipazione degli oneri concessori non interferiscono sulla validità della domanda di sanatoria, a meno che si tratti di omissioni o di inesattezze così rilevanti da far ritenere la domanda di condono “dolosamente infedele” a sensi dell’art. 40 legge 45/1985 (alla fattispecie della “domanda dolosamente infedele” è stata equiparata quella della “oblazione determinata in forma dolosamente inesatta” giusta quanto disposto dall’art. 32 comma 37 D.L. 269/2003) Solo in questo ultimo caso, e sempreché si sia in presenza di un abuso maggiore, si avrà la nullità dell’atto, in quanto avente per oggetto un edificio totalmente abusivo, non sanato e non sanabile, pur dovendosi escludere, per i motivi sopra esposti, qualsiasi responsabilità da parte del Notaio che ha ricevuto l’atto>>.

28Con riguardo alle fattispecie di non debenza del contributo concessorio, potrebbe essere quanto mai opportuno riportare in atto una specifica dichiarazione di parte (Rizzi, op. Cit.)

29 G. Casu “L’urbanstica nell’attività notarile”, p. 67 e segg. C’è però chi ritiene che, per il terzo condono, le menzioni prescritte dall’art. 2 comma 58 legge 662/1996 siano obbligatorie in presenza di qualsiasi vincolo, in quanto con la modifica apportata all’art. 32 legge 47/1985 dal D.L. 269/2003 il legislatore ha voluto sottoporre i vincoli ( non preclusivi della possibilità stessa di chiedere il condono) ad una identica disciplina senza distinzioni di sorta. Pertanto, se in precedenza, le menzioni erano richieste solo per i vincoli per i quali era previsto il silenzio-rifiuto (richiamo al solo terzo e non anche al primo comma dell’art. 32 legge 47/1985), dal 2 ottobre 2003, con l’entrata in vigore del D.L. 269/2003 , per tutti i vincoli non preclusivi del condono stesso è previsto il silenzio-rifiuto e pertanto sembra ragionevole ritenere equiparabili detti vincoli a quelli che in precedenza erano disciplinati dal terzo anziché dal primo comma dell’art. 32 legge 47/1985, anche ai fini del richiamo contenuto nell’art. 2 comma 58 legge 662/1996 (G. Rizzi, STUDIO DEL C.N.N. Numero 5533 del 22 Gennaio 2005)

30G. Rizzi, op. Cit., secondocui <<Si è sostenuto che a tale compito fosse tenuto in primis, il Comune…ma non si è neppure esclusa la legittimazione, nell’inerzia del Comune, dell’interessato…. Per quanto riguarda, invece, il terzo condono edilizio , l’art. 32 legge 47 /1985 nel nuovo testo così come riscritto dall’art. 32 comma 43 D.L. 269 /2003, prevede espressamente che a tale acquisizione debba provvedere il Comune (tramite lo sportello unico per l’edilizia introdotto dall’art. 5 T.U. in materia edilizia di cui al DPR 380/2001)

31 G. Casu “L’urbanstica nell’attività notarile”, p. 67 e segg. e G. Rizzi, STUDIO DEL C.N.N. Numero 5533 del 22 Gennaio 2005

32G. Rizzi, STUDIO DEL C.N.N. Numero 5533 del 22 Gennaio 2005

Lascia un commento