Forma delle convenzioni modificative e trasformative
L’art. 31 co. 45 e segg. Della L. 448 del 1998, disciplina le convenzioni cd. modificative di precedenti convenzioni di edilizia residenziale pubblica, e precisamente delle convenzioni PEEP previste dall’art. 35 della L. 865/71 e delle convenzioni Bucalossi previste dalla Legge 10 del 1977 (oggi artt. 17 e 18 D.P.R. 380/01).
Le convenzioni modificative disciplinate dal citato art. 31 consistono nelle convenzioni cd. trasformative, con cui si trasformi una convenzione PEEP in Bucalossi, nelle convenzioni cd. trasformative con cui si “trasformi” il diritto di superficie dell’area edificata oggetto dell’originaria convenzione in diritto di proprietà (consistente evidentemente in una cessione dell’area di sedime) e nelle convenzioni di rimozione di vincoli ex art. 31 co. 49 bis e segg. Resta naturalmente ferma la possibilità di cumulare gli effetti di tali convenzioni in un unico atto (sul punto amplius Gian Marco Antonelli L’edilizia residenziale pubblica – schemi e soluzioni operative – Napoli, 2020, pag. 44 e segg.).
Con riferimento alla forma della convenzione (rectius atto) di affrancazione, il nuovo 119/18 detta una significativa novità. Infatti, il testo precedente richiedeva per l’affrancazione una «convenzione in forma pubblica stipulata a richiesta del singolo proprietario e soggetta a trascrizione»; invece, il testo attuale ammette un «atto pubblico o scrittura privata autenticata, soggetti a trascrizione presso la conservatoria dei Registri immobiliari». Dunque, con la novella viene fugato il dubbio esistente in passato in ordine alla legittimità della forma della scrittura privata autenticata.
Inoltre, poiché il comma 49 bis è l’unico che si occupa di forma nell’ambito delle convenzioni ex art. 31 L. 448/98, si può ritenere che la scrittura privata sia oggi sufficiente anche per le altre convenzioni ex art. 31, quali le convenzioni di trasformazione del diritto di superficie (co. 47-48) e le convenzioni di trasformazione da PEEP in Bucalossi (co. 46-49 ter).
Paiono invece riproponibili le conclusioni già raggiunte sotto la vigenza del precedente testo normativo, in ordine alla natura della forma pubblica (o autenticata) richiesta. Con riferimento alla natura della forma richiesta dalla legge, pare che essa debba qualificarsi forma ad substantiam, con la conseguenza che una violazione di tale formalismo determinerebbe la nullità del negozio. Infatti, l’atto di affrancazione si pone come atto modificativo della convenzione PEEP (“negozio principale”), che contiene il richiamo ai limiti legali da rimuovere, e per la convenzione la forma pubblica è espressamente richiesta a pena di nullità. Dunque, per il cd. principio di simmetria della forma, anche la forma della convenzione è richiesta ad substantiam come lo è la forma della convenzione.
In particolare, è appena il caso di sottolineare che l’espressa previsione della forma pubblica o autenticata e della trascrizione solo per le convenzioni affrancative ex comma 49 bis e segg. (dell’art. 31 L. 448/98) è giustificata dal fatto che nessun dubbio può nutrirsi in ordine alla necessità di tali formalismi per le convenzioni di trasformazione del diritto di superficie in proprietà con cui si cede la proprietà dell’area di sedime dell’edificio oggetto dell’originaria convenzione, ai sensi del principio generale positivizzato dall’art. 2643 co. 1 n. 1 cod. civ.
Con riferimento alla pubblicità dell’atto, ovviamente, la forma pubblica o autenticata sarà necessaria ai fini della trascrizione, ai sensi dell’art. 2671 c.c. (sul punto amplius Gian Marco Antonelli L’ediliiza residenziale pubblica – schemi e soluzioni operative – Napoli, 2020, pag. 50 e segg.).
Messa a repertorio delle convenzioni
A seguito dell’art. 12, primo comma, lettera e) della legge 28 novembre 2005, n. 246 in tema di semplificazione e riassetto normativo per l’anno 2005, l’art. 72, terzo comma prima parte della legge notarile è stato così modificato: “Le scritture private, autenticate dal notaro, verranno, salvo contrario desiderio delle parti e salvo per quelle soggette a pubblicità immobiliare o commerciale, restituite alle medesime”.
Autorevole dottrina rileva che da tempo la categoria notarile auspicava una norma del genere: costringere il notaio a conservare la scritture private autenticate destinate ad essere iscritte nei registri immobiliari oppure nei registri della pubblicità commerciale. Perché questo desiderio? Le ragioni recondite costituivano il punto d’arrivo di un lungo percorso che vedeva il notariato ufficiale in una fase di lotta contro un uso abnorme delle scritture private autenticate in alternativa all’atto pubblico. In questo modo si mirava, da parte del Notariato ufficiale: a scoraggiare quei notai che ricorrevano all’utilizzazione diffusa della scrittura privata autenticata per evitare gli eccessivi formalismi dell’atto pubblico e ad un tempo per evitare i controlli degli ispettori d’archivio; ma ad un tempo, inserendo determinati rigori formali, si mirava ad impedire che sul piano legislativo si fosse indotti ad ampliare la facoltà di autentica a soggetti diversi dal notaio.
Si deve concludere che, se queste scritture debbono essere conservate agli atti del notaio, costui debba essere ritenuto depositario pubblico anche di questi documenti e quindi egli debba rispettare tutte le regole che il suo ordinamento gli impone allo scopo di svolgere questo ruolo di custode pubblico al massimo di potenzialità. Qualsiasi altra soluzione (vale a dire, una sorta di conservazione informale, non a raccolta, come da taluno, peraltro con opinione minoritaria, ipotizzato) non giustificherebbe l’obbligo di conservazione, perché investirebbe il notaio soltanto come libero professionista e non come pubblico ufficiale, il che contrasterebbe con le finalità di questa conservazione obbligatoria, destinata, come accennato in precedenza, al pubblico registro di pubblicità. In conclusione, è da ritenere che queste scritture autenticate, dato il loro oggetto e le formalità cui sono preordinate, debbano essere conservate a raccolta come gli atti pubblici, rispettando tutte le regole prescritte per queste modalità di 8 conservazione (Giovanni Casu, Studio n. 65-2006/C del Consiglio Nazionale del Notariato).
Conclusioni
Alla luce di quanto osservato, risulta evidente che tutte le convenzioni modificative (e quindi tanto quelle trasformative che affrancative) siano soggette a pubblicità nei registri immobiliari, e dunque, non solo vadano annotate a repertorio, ma anche conservate a raccolta. (Conforme G. Petrelli, “Formulario notarile commentato Vol. 1 Tomo I”, Milano 2014, pp. 1141 e ss.).
Quanto al parametro repertoriale per tali convenzioni, occorre rilevare che l’art. art. 6 del D.M. 265 del 2012, rubricato “Parametri per tasse e contributi determinati in misura fissa”, prevede << 1. Per i seguenti atti il parametro per la liquidazione delle tasse e dei contributi indicati nel presente Capo e’ costituito dai seguenti importi: a) Euro 229, per le convenzioni urbanistiche di lottizzazione, di comparto edificatorio, per le convenzioni previste dagli articoli 17 e 18 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e per le convenzioni urbanistiche di contenuto analogo; b) Euro 91, per le altre convenzioni urbanistiche e per gli atti d’obbligo unilaterali (gli importi di cui alle lett. a e b non sono tra loro cumulabili)…>>.
Alla luce di ciò nessun dubbio può sorgere in ordine alla natura giuridica di convenzioni urbanistiche, nel senso inteso dal citato art. 6, delle convenzioni modificative oggetto del presente studio (e dunque non solo di quelle affrancative e trasformative da PEEP in Bucalosssi, ma anche quelle cd. di trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà). Al più potrebbe discutersi circa il parametro fisso da applicare alle stesse, se quello di 229 euro o quello di 91 euro. Ebbene, il richiamo espresso della lettera a) del citato art. 6 alle “convenzioni previste dagli articoli 17 e 18 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380″ (che hanno sostituito gli artt. 7 e 8 della Legge 10 del 1977, e costituiscono pertanto le norme a regime per le convenzioni Bucalossi), induce a ritenere sicuramente applicabili alle convenzioni modificative di convenzioni Bucalossi il parametro fisso di 229 euro. Ma vi è di più, infatti, il richiamo dello stesso art. 6 lett. a) a tutte le “convenzioni urbanistiche.. di comparto edificatorio” e alle “convenzioni urbanistiche di contenuto analogo” alle convenzioni Bucalossi (arrt. 17 e 18 D.P.R. 380/01), induce certamente ad includere tra tali convenzioni anche le convenzioni PEEP ex Legge 865/71 e le relative convenzioni modificative ex art. 31 co. 45 e segg. Legge 448 del 1998.
Infine, può essere opportuno rammentare altresì che per le assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, invece, il parametro repertoriale è progressivo, ma ridotto al 25 percento. L’art. 151 R.D. 1165 del 1938, mai abrogato, prevede infatti che <<…Qualora le cooperative e gli istituti, per la stipulazione dei loro atti di assegnazione di appartamenti, di mutuo edilizio individuale nonche’, di riscatto, ricorressero all’opera di notai, gli onorari, diritti e compensi di qualsiasi natura dovuti al notaio sono ridotti ad un quarto>>.
Gian Marco Antonelli

